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VIVA LA SPOSA

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Di Ascanio Celestini
Italia,Francia,Belgio 2015

In bianco e in nero

Ci sono sempre e ovunque mondi affiancati, comunicanti fra loro solo per immagini in primo piano e sottofondo. Come in Viva la sposa un’americana in viaggio di nozze in Italia (elegante-patinata-sorridente) abita accanto ad un sincero spaccato da quartiere periferico romano. Con quel misto di genio,sregolatezza e ironico disincanto che lo contraddistingue, Ascanio Celestini mette in scena una storia dove reale e surreale corrono su sottilissime demarcazioni. Perché ,alla fine, non puoi mai conoscere i confini. Vale a dire che tutto quanto accade è credibile insomma finché non diventa paradossale o sfuma nella cronaca più bieca. Nicola,il protagonista, vive di sambuca e spettacolini per festicciole di vario genere. Un po’ burattinaio un po’ cantastorie, lui con il suo furgoncino e un ragazzino-figliastro attraversano un quotidiano povero ma aperto a tutto perché non ha più niente da perdere. Attorno a lui si muovono personaggi altrettanto fragili e pericolanti ma sfacciatamente legati a un bene di base. Siano prostitute, piccoli truffatori di assicurazioni, meccanici che aiutano per vera solidarietà, ragazze sognatrici di altre vite possibili, tutti loro sono dotati di un’autenticità spaesante. Nicola-Ascanio si aggira fra un’umanità sconsolata che sopravvive e si aggrappa doverosamente a se stessa. I Suv bruciati fra bande rivali o i cadaveri da far scomparire passano sotto il suo sguardo annebbiato dall’alcol e disincantato per forza di cose. Lui che non riesce a truffare con il giochetto del cellulare-specchietto dello scooter, lui che nonostante tutto non rinuncia mai alla possibilità di risalire. Può essere la grande bugia verso se stesso a proposito a smettere di bere o l’innamoramento per la dolce Sofia e “quel fazzoletto rosso che portavi al collo” galeotto. E se la possibilità di ricostruire qualcosa non ha nessun approdo, Nicola riabbraccia pronto la bottiglia per pungente sofferenza. Lui che è ubriaco soprattutto di difficili sequenze di vita fino a volerne morire, a cercare la fine con il suo furgone rosso quando non riesce più a sostenere le situazioni che gli accadono accanto. Bambini andati anzi tempo, reazioni violente e assassine della polizia durante arresti e interrogatori, difficilissimi rapporti interpersonali. Allora la sambuca è il medicinale perfetto per attutire il brutto. Diciamo che è in grado di attutirlo per sempre.
Saggiamente dissacrante, con Viva la sposa Ascanio Celestini firma un film ‘umano’ prima ancora che sociale o di denuncia. Il suo sguardo si muove così sui binari della vita nuda e pura con il suo portato di disagi e sentimenti. E lo fa senza commiserazioni o piagnistei, casomai chiamandoci direttamente in causa. Lasciandoci aperte delle domande e legittime riflessioni. In certi margini stiamo anche noi. Se ti metto un dito nell’occhio ti fa male?

NON ESSERE CATTIVO

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Di Claudio Caligari
Italia 2015

                                                    Occhi asciutti e denti stretti

Si sente Pasolini in sottofondo, come un’eco non invadente. Sarà per le vite violente o per l’ambientazione a Ostia. Resta che Non essere cattivo, per sempre ultimo film di Claudio Caligari, non scivola mai in nessun manierismo compiaciuto. Questo regista outsider ci consegna un film che è soltanto “alla sua maniera”, cinema vero prima ancora che realista. L’umanità raccontata è la stessa delle altre due pellicole che compongono la sua cinematografia, Amore tossico e L’odore della notte, un’umanità ridotta ai minimi termini da destini di vita. Scelti o ineludibili che siano. Fra pasticche, risse e piccoli furti crescono spericolati i due amici Cesare e Vittorio. Siamo a Ostia nel 1995, lungo un litorale aspro e abbandonato a se stesso quanto decisamente spogliato di ogni bellezza accessoria. Il baretto al bordo della provinciale è il punto di ritrovo a ogni ora del giorno e della notte, due calci al pallone sulla spiaggia sono l’intermezzo fra una bravata e l’altra. Ragazze in minigonna e scollature vertiginose sono un bel arredo per festini improvvisati e polverina bianca. Gli atteggiamenti disperatamente rabbiosi si stemperano solo nei drammi famigliari, dove ricorrono le morti per AIDS e povertà di base. Cesare e Vittorio sono sempre vicini nel bene e nel male, autentica amicizia mai sconfessata. Anche quando Vittorio riesce a svoltare la sua vita con un lavoro e una nuova compagna. I due amici si avvicinano e poi si allontanano, un ricorrente gioco di ingrandimenti e diminuzioni di istantanee esistenziali. Con un sapiente montaggio privo di dissolvenze quanto invece basato su stacchi netti, Caligari segue senza facili moralismi i due ragazzi nel passare del tempo. Le cadute, le riprese, l’arrivo dell’eroina in borgata, i dolori lancinanti, gli amori sinceri. Saranno anche vite da perdere, ma questi quasi-ultimi della catena non perdono mai una vitalità che equivale a non lasciare mai niente. Neanche la morte accidentale di uno dei due riuscirà a spezzare quel flusso di vicinanza e pericoli criminali. La quotidianità è questa, difficile cambiarla, tutto ti aspetta dietro l’angolo. Non essere cattivo, ammonimento scritto sulla maglietta di un orsetto, assembla vite deragliate in un realismo geniale per immagini. Era proprio questo il cinema diluito nei decenni di Caligari. Forti contrasti fra le riprese di giorno e quelle notturne, nessun passaggio morbido o compiacente. Inaspettati giochi di ombre e riflessi, macchina che corre dal basso in alto. Un cinema che esce di soppiatto come il suo autore, ma che non si riesce a dimenticare. Ciao Claudio.